ACQUETICO
Il nome Acquetico ( m.400 s.l.m) deriva chiaramente dall’abbondanza di ottima acqua di cui il paese dispone.
Sullo sfondo della Valle Arroscia, con lo scenario dei monti Frontè, Missùn e Bertrand (il crinale che li congiunge comprende pure il monte Saccarello, con la grande statua del Redentore) il piccolo paese sorge in posizione di mezza costa, riparata e soleggiata, allineando le due borgate fra uliveti, vigne e fronteggiando, sul versante ombroso, folti boschi e alti pascoli.
L’oggetto artistico più antico di cui si abbia memoria è (o meglio era) costituito da un blocco di pietra su cui era scolpito un motivo vegetale, dialettalmente definito “a seùlla”, la cipolla. La tradizione locale lo attribuiva ai Celti, ma potrebbe trattarsi di un reperto romano o medioevale: è oggi difficile giudicare, non essendo l’oggetto visibile.
L’antica chiesa-oratorio medioevale (oggi dismessa) e che fronteggia la parrocchiale, mostra tuttora il suo svelto campanile e l’abside ottagonale, secondo una tipologia che si ritrova in Valle, ad esempio nell’analoga abside del Convento degli Agostiniani di Pieve di Teco.
La Parrocchiale di S. Giacomo, di origine seicentesca, di forme tardo-barocche ed aula già volgente al neoclassico,mostra all’esterno la sua rigonfia struttura poligonale (incompiuta) di chiaro ricordo barocco,resa più mossa dalla collocazione del campanile, e all’interno, oggi restaurati, gli affreschi del Conca, il cinquecentesco fonte battesimale, ed il pregevole tabernacolo ligneo.
La semplice e radicata fede dei padri dotò il paese di piccoli e piccolissimi santuari, quali quelli si S. Rocco, nel borgo superiore (“Case Soprane”) e quello di S.Lorenzo, nel borgo inferiore (“Case Sottane”), e di piloni ed edicole devozionali
CALDERARA
è l’ultimo paese, verso valle, del Comune di Pieve di Teco, già all’imbocco della vallata che attraverso il Colle di S. Bartolomeo, porta nell’imperiese.
Di origine molto antica, come suggerito dalla presenza della vetusta chiesa di S. Giorgio Vecchio, deve verosimilmente la propria origine e collocazione al fatto di essere stata in passato una delle porte di controllo di quell’accesso al mare.
Il suo rilevante patrimonio artistico è dato dalla Madonna della Neve, chiesa ottagonale settecentesca con protiro aggiunto, posta in vicinanza del paese, e, soprattutto, dall’antichissima chiesa di S. Giorgio Vecchio, alta sulla costa, con il suo svettante campanile (aggiunto posteriormente, forse quattrocentesco).
Quest’ultima, affiancata dal cimitero ( come da antico costume) è di verosimile origine altomedioevale , con due navatelle separate da arcaici pilastri ad arco acuto, copertura a ordito ligneo e lastre di ardesia, con mensoloni interni che sorreggono archi lobati, e con residui di antichi di antichi affreschi e pitture, tra cui la caratteristica decorazione a fasce bianche e nere che si ritrova altrove nella valle ( Madonna della Ripa a Pieve, Madonna di Rezzo,…).
Al di sotto dell’alto campanile attuale, si indovinano le tracce base della base di quello originale.
Il culto di S. Giorgio è stato veramente radicato a Calderara, fin da tempi remoti: alle spalle del paese esistono infatti i ruderi di un’altra chiesa dedicata a questo santo, e la Parrocchiale odierna gli è anch’essa dedicata
LOVEGNO
Il piccolo paese di Lovegno (m.700 s.l.m.) non ha edifici importanti, se si esclude la piccola Parrocchiale dedicata a S. Bernardo, la chiesetta di S. Antonino, sull’antistante poggio (ormai sovrastato dalla mole di un ripetitore televisivo).
Essa era oggetto di allegre feste popolari e di brevi, ma ripide, gite a Pieve. Ma soprattutto come peraltro il paese offre un incomparabile colpo d’occhi: da un lato le Alpi,dall’altro il mare e la piana di Albenga, dietro il Monte Frassinello. Nelle giornate più limpide non è raro vedere la Corsica.
Sotto, sprofonda su Vessalico il boscoso vallone del Varaxe, rinomato terreno di caccia al cinghiale, poco più in qua scende sugli assolati Ligassòri, i là ancora si affaccia sui Cròeuxi e i Barcheti. Un altro oggetto molto popolare e notissimo in zona, di Lovegno, era l’antica fontana di Vaccarì, tappa obbligata e ristoratrice per i pievesi che salivano alle feste di Colla Domenica e di S. Cosimo.
In posizione semplicemente fantastica dal punto di vista del soleggiamento, la villa della “Baraucola” con i suoi alti frassini da manna, ha costituito nel tempo una sorta di aristocratico punto di riferimento per tutti quelli che salivano verso Lovegno, quasi a segnare l’inizio dei Ligassòri.
I Ligassòri, a loro volta, erano i più rinomati terreni vinicoli di Pieve, sia a causa del terreno calcareo, sia del felicissimo soleggia mento: il nome stesso significa un terreno che “lega il sole”. Oggi i terreni coltivati in questa zona sono assai ridotti, tuttavia,osservandola dalla fronteggiante strada per Imperia, si vede come essa un tempo era lavorata a terrazzamenti praticamente per intero.
Il piccolo paese di Lovegno era il tradizionale fornitore di latte di Pieve. La mattina le lattivendole, con una tanica di lamiera stagnata a zaino o a dorso d’asino, scendevano la ripida mulattiera ( non esisteva ancora l’attuale strada carrozzabile ) attraversavano il fossato dei Grassi), e andavano di casa in casa a vendere i propri prodotti, che comprendevano anche burro e formaggio.
MOANO
Il piccolo paese di Moano ( m. 540 s.l.m) sorge in prossimità della testata della valle Arrogna, a pochi chilometri da Armo.
Nati nel consueto contesto agricolo-pastorale della zona e certamente antichi ambedue i paesi hanno inoltre svolto nel tempo una funzione di tramite con il Piemonte, attraverso valichi chiamati in dialetto “buchin”.
Moano possiede una Parrocchiale, dedicata a S.Martino, di origine medioevale (1272) di cui resta il bel campanile a conci squadrati, mentre la chiesa è stata rimaneggiata a pianta ellittica in epoca neoclassica.
Questi rimaneggiamenti, che si riscontrano in svariate altre chiese del circondario, appaiono suggeriti dal grande rifacimento neoclassico operato da Gaetano Cantoni, a cavallo fra ‘700 e ‘800, nella Colleggiata di Pieve di Teco.
Il paesaggio ha il consueto aspetto, insieme dolce ed aspro, dell’entroterra ligure, fatto di monti scoscesi, brevi pianori, utilizzati fino all’ultimo lembo dalle colture agricole, quasi sempre organizzate con la secolare tecnica dei terrazzamenti artificiali (“fasce”) di muri a secco.
Tecnica quanto mai faticosa, in quanto normalmente questi muri hanno una vita a termine: sotto la spinte della terra, sopratutto quando è inzuppata dalla pioggia, essi pian piano si gonfiano in fuori in modo anche molto accentuato fino a crollare.
Bisogna allora demolire, portarsi sulla parte di muro sana, ricostruire e ripristinare la terra. il tutto necessita di un notevole dispendio di energia
MUZIO
Il piccolo abitato di Muzio ( 223 s.l.m.) sorge di fronte a un breve pianoro alluvionale,non a mezza costa ma nel fondovalle , qui verosimilmente costruito all’intersezione “strategica” di varie vie di comunicazione tra Pieve, la valle di Rezzo e il mare, sia verso Albenga che verso Oneglia.
Questa ubicazione “strategica” accomuna il paese ad altri costruiti in zone piuttosto ombrose ( violando la legge di solarità che normalmente prevede l’ubicazione dei paesi nelle due Valli ): ad esempio Ponte di Nava e Ponte di Pornassio.
Per Muzio tuttavia la situazione della solarità è particolarmente favorevole, in quanto, in quel punto, la Valle Arroscia piega decisamente verso Est-Nord-Est, offrendo un’ampia finestra di soleggiamento, soprattutto nella prima parte della giornata.
Il principale edificio artistico è la Parrocchiale di S. Lucia che risale al 1777, caratterizzata da un campanile con cuspide a bulbo, tipologia che si ritrova altrove in zona, fino alla piana di Albenga.
Rimarchevole il palazzo Barli-Savona, in cui ebbe i natali il pittore Marcello Barli (1908-83 ) e di cui è mostrato il pregevole portale in pietra e tracce di antiche mura che, assieme alla forma generale dell’insediamento, lasciano presumere che l’antico nodo stradale disponesse di una difesa militare.
Poco a monte, purtroppo rimaneggiata, sorge tuttora la villa, anch’essa appartenuta ai Barli-Savona, edificata sulla base di un antico edificio quattrocentesco
NIRASCA
Nirasca (m. 476 s.l.m.) sorge in posizione elevata e soleggiata in valle Arrogna, tra ulivi, pascoli e boschi, alle pendici del monte Frassinello, che costituisce l’ossatura orografica del gruppo di antichi insediamenti sul versante sinistro dell’Arrogna, eppoi dell’Arroscia.
Anche qui ci sono due borgate, “Case Soprane” e “Case Sottane”( dizione molto diffusa in valle.
La Parrocchiale di S. Michele, anch’essa (e verosimilmente per gli stessi motivi) derivante da una trasformazione neoclassica di una precedente chiesa medioevale, conserva un interessante polittico cinquecentesco attribuito a Luca Cambiaso, una bellissima fonte battesimale poligonale della stessa epoca, un’importante altare maggiore in marmi policromi,e, murato all’esterno, un bassorilievo dell’Agnus Dei.
Questi bassorilievi, assieme a quelli di San Giorgio ( ricordiamo che siamo in terre Genovesi) sono piuttosto diffusi in zona. Un piccolo appunto musicale: l’antico organo della parrocchia era dotato di registri di percussione.
L’antica origine del paese è anche suggerita dalla desinenza tipicamente ligure (in “-asco”,”-osco”,”-usco”) del suo nome
Moltissimi paesi e cognomi con questa desinenza si trovano sia in Liguria (Arnasco, Coasco, Garlasco, Noberasco) sia fuori, in Piemonte (Bagnasco, Piossasco,…) a ricordo della ben più vasta estensione dell’etnia ligure, poi ridotta dallo sviluppo dei celti.
TROVASTA
Il piccolo borgo di Trovasta ( m. 624 s.l.m.) sorge in alto, sul versante destro dell’Arrogna, quasi fronteggiante Nirasca, in posizione dominante e molto soleggiata, esposto pressoché esattamente a sud.
Esso, come peraltro tutti gli insediamenti della valle, nacque dal consueto contesto agricolo – pastorale, e sicuramente in tempi molto antichi, come testimoniano la vetusta Parrocchiale vecchia, rifacimento barocco di una precedente chiesa medioevale, di cui restano visibili tracce.
Questa antica costruzione porta tuttora murato all’esterno, il consueto bassorilievo dell’Agnus Dei, assai comune in zona. Patrona di Trovasta è l’Assunta.
La splendida posizione e la sua esposizione rendeva in passato molto rinomato il vino di Trovasta.